Einaudi 2014 – Premio Scerbanenco 2014
TRAMA
Il maresciallo Fenoglio, piemontese di stanza a Bari, si trova ad indagare su un omicidio apparentemente già risolto in partenza. Eppure qualcosa non quadra ed è così che si sviluppa la sua indagine.
OSSERVAZIONI
Una dei presupposti di una bella relazione (parliamo di quella dell’Autore con il lettore) si fonda sulla fiducia che chi scrive riesce a suscitare in chi legge.
Questa sensazione l’ho rapidamente persa nel corso del tempo con la lettura degli scritti di Carofiglio e questo libro ne è stata la conferma.
Dalle prime pagine ci si attende che succeda qualcosa e si aspetta che questo qualcosa arrivi, tutta la storia è sospesa in quest’attesa e nel frattempo ci sono digressioni che hanno il sapore dell’autocompiacimento. Non si tratta dell’autocompiacimento del principiante che si specchia narcisisticamente in se stesso ma, calco un po’ la mano, del presuntuoso onnisciente che ci concede la sua conoscenza come un’elargizione.
Già la serie dell’avvocato Guerrieri ci aveva abituato a questa tecnica che dev’essere però sfuggita ulteriormente di mano a Carofiglio poiché perde due dei principali scopi che dovrebbe avere: l’ampliamento del “mondo narrativo” attorno alla storia e il calo di ritmo propedeutico alle successive impennate narrative. Carofiglio preferisce utilizzarle per spiegarci magnanimamente, ex catedra, come funzionano i meccanismi dell’investigazione.
Il protagonista non ha veramente una sua identità memorabile, fa troppe volte esplicito riferimento al suo “fiuto”, a quel “qualcosa che non mi quadra” e noi non possiamo far altro che credergli sulla fiducia (la stessa però che fatica a meritare).
Non c’è tensione né colpi di scena e, diciamocelo, la storia è banale.
Carofiglio poi non riesce a trattenersi, tira in ballo a fine storia l’avvocato Guerrieri, cioè ricicla una sua creatura, come solo i più pieni di sé sanno fare.
Premio Scerbancenco 2014.
Col sorriso sulle labbra, diciamo che è uno scandalo. Difficile giustificare “in assoluto” come questo romanzo possa meritare un premio così ambito: alla carriera forse? Ancora più difficile “in senso relativo” considerando anche solo, tanto per dire, il confronto con “La Ferocia” (Nicola Lagioia), anch’esso parte della cinquina finalista.
Un consiglio a Carofiglio/Fenoglio. Impari da Sarti Antonio sergente come si fa un caffè con la macchinetta.
GIUDIZIO e GRADIMENTO
Una breve storia di intrattenimento non memorabile, scritta pur bene come Carofiglio sa fare ma senza ispirazione, né uno scopo, né elementi rimarcabili da sottolineare.
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